Iva indetraibile se addebitata erroneamente

L’erronea liquidazione in fattura dell’Iva non legittima l’operatore che abbia assolto l’operazione di rivalsa a portare in detrazione l’imposta o chiedere il rimborso dell’eccedenza (Corte di Cassazione – ordinanza 10 febbraio 2022, n. 4301).

La Corte di cassazione in tema di IVA, ha stabilito che ai sensi dell’art. 19, D.P.R. n. 633/1972, non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata a monte per l’acquisto o l’importazione di beni, o per conseguire la prestazione di servizi afferenti al successivo compimento di operazioni esenti o comunque non soggette ad imposta, atteso che, in base alla normativa citata, ai fini della detrazione non è sufficiente che le operazioni attengano all’oggetto dell’impresa (principio di inerenza), essendo necessario un quid pluris, cioè che esse siano, a loro volta, assoggettabili all’IVA; con l’ulteriore corollario che l’esercizio esclusivo di operazioni “esenti” da parte di un imprenditore comporta la totale indetraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti, in quanto, a sensi dell’art. 19, co. 3, D.P.R. n. 633/1972, la riduzione proporzionale della detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti (c.d. “pro-rata”) non è limitata all’ipotesi in cui l’impresa compia congiuntamente operazioni esenti e non esenti, ma è applicabile (in tal caso la riduzione della detrazione operando al 100%) anche quando l’impresa compia esclusivamente operazioni esenti.
Questo indirizzo consolidato ha dunque da sempre negato, sulla scorta dei principi affermati dalla Corte di Giustizia, la sussistenza di una piena simmetria tra obbligo del pagamento dell’imposta per il fatto che la stessa sia stata addebitata in fattura e diritto alla detrazione limitando quest’ultimo alle sole imposte dovute.
La circostanza dell’avvenuta fatturazione non è idonea a trasformare una operazione non soggetta al tributo in una operazione Iva e questo per l’esigenza di rispettare i caratteri essenziali del meccanismo operativo di tale imposta innanzitutto la sua neutralità.
Non può quindi dubitarsi della conformità al diritto comunitario dell’art. 19, D.P.R. n. 633/1972 laddove nega il diritto alla detrazione dell’IVA assolta per l’acquisto di beni afferenti operazioni esenti.
Infatti, anche l’indetraibilità dell’IVA su operazioni esenti, oltre che sugli acquisti di beni o di servizi ad esse destinati, è conforme al diritto comunitario, ed in particolare alla previsione di cui all’art. 17 della 6 Direttiva n. 388/77, avendo la stessa Corte di Giustizia affermato che, ai sensi della disposizione suindicata, il diritto alla detrazione dell’IVA riguarda soltanto i beni ed i servizi che vengono utilizzati ai fini delle operazioni del soggetto passivo assoggettate ad imposizione, dal momento che il sistema comune dell’IVA persegue l’obbiettivo della perfetta neutralità fiscale di tutte le attività economiche, quali che siano le loro finalità o i loro risultati, alla sola condizione che esse siano assoggettate, in linea di principio, all’imposizione ai fini IVA.

Permessi assistenza familiari disabili nelle unioni civili e convivenze di fatto

Alla luce della normativa antidiscriminatoria di origine comunitaria l’Inps ha rivisto il proprio orientamento sul riconoscimento dei permessi di assistenza ai familiari disabili nell’ambito delle unioni civili e delle convivenze di fatto, prevedendo l’applicazione dei benefici anche in relazione ai parenti dell’altra parte dell’unione civile. (Circolare 7 marzo 2022, n. 36).

In conseguenza del mutato orientamento fedele a principi antidiscriminatori, l’Inps ha fornito istruzioni operative finalizzate al riconoscimento ai lavoratori dipendenti del settore privato dei permessi e del congedo straordinario per assistenza ai familiari disabili nell’ambito delle unioni civili in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione, precisando che l’estensione non è applicabile alle convivenze di fatto.

PERMESSI L. N. 104/1992

La legge-quadro in materia di assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone handicappate prevede il diritto ad usufruire di tre giorni di permesso mensili retribuiti, in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il secondo grado – con possibilità di estensione fino al terzo grado – riconosciuti in situazione di disabilità grave.
Tali permessi possono essere fruiti anche:
– dalla parte di un’unione civile che presti assistenza all’altra parte;
– dal convivente di fatto, di cui ai commi 36 e 37 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016, che presti assistenza all’altro convivente.
In particolare, fermo restando il principio del referente unico, il diritto ad usufruire di tali permessi, per assistere il disabile in situazione di gravità, può essere concesso, in alternativa, al coniuge, alla parte dell’unione civile, al convivente di fatto, al parente o all’affine entro il secondo grado. Inoltre, è possibile concedere il beneficio a parenti o affini di terzo grado qualora i genitori o il coniuge/la parte dell’unione civile/il convivente di fatto della persona con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Ai fini del riconoscimento dei permessi, dunque, l’Inps riconosce la sussistenza del rapporto di affinità anche tra l’unito civilmente e i parenti dell’altra parte dell’unione.
Ne deriva che, per i lavoratori del settore privato, il diritto ai permessi va riconosciuto all’unito civilmente, oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito.
Allo stesso modo i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione.
Resta fermo il rispetto del grado di affinità normativamente previsto.

Al contrario, il rapporto di affinità non è riconoscibile tra il “convivente di fatto” e i parenti dell’altro partner, non essendo la “convivenza di fatto” un istituto giuridico, ma una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.
Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi e gli uniti civilmente, il “convivente di fatto” può usufruire dei permessi in questione unicamente nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente.

Ai fini della valutazione della spettanza del diritto ai permessi, l’Inps osserva che mentre l’unione civile può essere costituita solo tra persone dello stesso sesso, la convivenza di fatto può essere costituita sia da persone dello stesso sesso che da persone di sesso diverso.
Per la qualificazione di “convivente” deve farsi riferimento alla definizione di “convivenza di fatto”, in base alla quale “si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile” e accertata sulla base della dichiarazione anagrafica.
Per la qualificazione di “parte dell’unione civile”, deve farsi riferimento agli atti di unione civile registrati nell’archivio dello stato civile.

Trattandosi in entrambi i casi di dati detenuti da altra pubblica Amministrazione, ai fini della concessione del diritto è sufficiente la dichiarazione del richiedente, nella domanda, di essere coniuge/parte di unione civile/convivente di fatto. Sarà cura dell’Inps provvedere all’espletamento dei controlli.

CONGEDO STRAORDINARIO ART. 42, CO. 5, D.LGS N. 151/2001

Il Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità stabilisce la concessione di un congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave accertata, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che degrada dal coniuge fino ai parenti e agli affini di terzo grado.
L’unito civilmente è incluso, in via alternativa e al pari del coniuge, tra i soggetti individuati prioritariamente dal legislatore ai fini della concessione del beneficio in parola.
La tutela del congedo straordinario non è prevista, invece, in favore del convivente di fatto.

Dunque, è possibile usufruire del congedo secondo il seguente ordine di priorità:
1. il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente” della persona disabile in situazione di gravità;
2. il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del “coniuge convivente”/della “parte dell’unione civile convivente”;
3. uno dei “figli conviventi” della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente” ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
4. uno dei “fratelli o sorelle conviventi” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori” e i “figli conviventi” del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
5. un “parente o affine entro il terzo grado convivente” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
6. uno dei figli non ancora conviventi con la persona disabile in situazione di gravità, ma che tale convivenza instauri successivamente, nel caso in cui il “coniuge convivente” /la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi”, i “parenti o affini entro il terzo grado conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

Anche con riferimento al congedo straordinario, il diritto per i lavoratori del settore privato va riconosciuto all’unito civilmente oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza a un parente dell’unito.
Allo stesso modo i parenti di una parte dell’unione civile hanno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione.
Resta fermo il limite del terzo grado di affinità e il requisito della convivenza con l’affine disabile grave da assistere.

Ai fini della valutazione della spettanza del diritto al congedo in argomento, si rinvia a quanto evidenziato nel paragrafo precedente in merito alla qualificazione di parte dell’unione civile.

Fisco: sovvenzione da un ente pubblico spagnolo per una ristrutturazione condominiale

Forniti chiarimenti sul trattamento fiscale applicabile al contributo pubblico erogato in Spagna ad un soggetto fiscalmente residente in Italia per la ristrutturazione delle parti comuni dell’edificio condominiale in cui si trova il suo appartamento (Agenzia delle entrate – Risposta 09 marzo 2022, n. 99).

Per poter valutare il regime tributario da applicare ad un reddito di fonte estera è necessario qualificare il reddito secondo la normativa interna e, successivamente, esaminare le disposizioni convenzionali contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia (Stato di residenza del percettore) e lo stato della fonte del reddito (nel caso di specie, la Spagna).
In base alla disciplina domestica, ai sensi dell’articolo 1 del TUIR, costituisce presupposto di tassazione il “possesso di redditi”, in denaro o in natura, rientranti nelle seguenti categorie tassativamente indicate nel successivo articolo 6 ai sensi del quale « I singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie: a) redditi fondiari; b) redditi di capitale; c) redditi di lavoro dipendente; d) redditi di lavoro autonomo; e) redditi d’impresa; f) redditi diversi.».
Pertanto, in linea di principio, qualora si verifichi un arricchimento del contribuente non inquadrabile in una delle predette categorie reddituali, detto arricchimento non è assoggettabile ad imposizione diretta.
Nel caso di specie, il contribuente, residente in Italia e proprietario in Spagna un appartamento, beneficia di un contributo – a parziale copertura delle spese che saranno sostenute per la realizzazione di lavori di ristrutturazione sulle parti comuni dell’edificio condominiale di cui fa parte il suo appartamento – erogato da un ente pubblico spagnolo, il cui scopo è lo sviluppo nel territorio comunale delle funzioni, attività e servizi nel campo degli alloggi a prezzi accessibili.
In particolare, secondo il bando emesso dall’ente pubblico sono concesse sovvenzioni per il ripristino di elementi comuni e il miglioramento dell’abitabilità degli edifici ad uso residenziale, rivolto principalmente ” alle comunità di proprietari e proprietà con membri in situazioni vulnerabili”. Come riportato nel bando, l’obiettivo generale è quello ” di promuovere la riabilitazione del patrimonio edilizio esistente (…) stabilire un sistema di sussidi e aiuti che consenta alle comunità di proprietari e proprietà con membri in situazioni vulnerabili di effettuare l’adattamento e opere di riabilitazione negli edifici in cui risiedono”.
Il bando stabilisce, altresì, le ” condizioni particolari e le specifiche tecniche, gli importi delle agevolazioni e la documentazione da presentare per beneficiare” della sovvenzione.
Nella documentazione integrativa trasmessa, l’Istante precisa sul punto che, in base al bando pubblico, la misura del beneficio può variare a seconda che il proprietario o l’eventuale inquilino risulti in condizione di vulnerabilità; il contributo, inoltre, sarà erogato dall’ente pubblico mediante ” rate straordinarie in relazione all’avanzamento dei lavori” nonché a lavori ultimati e al momento della verifica della sussistenza dei requisiti individuati nel medesimo bando.
Sulla base di quanto rappresentato, l’Agenzia ritiene che tale contributo, corrisposto per finalità generali perseguite dall’ente erogatore, in relazione alle spese sostenute per la realizzazione di lavori di ristrutturazione sulle parti comuni di edifici condominiali non sia riconducibile né tra i redditi di lavoro dipendente o assimilati di cui agli artt. 49 e 50 del TUIR (posto che tra l’ente erogatore e il beneficiario non sussiste alcun rapporto di lavoro), né in alcuna delle altre categorie reddituali individuate dal citato articolo 6 del medesimo Testo Unico e, pertanto, non concorra alla formazione della base imponibile del beneficiario.

Istruzioni Inps sulla pensione anticipata

Si forniscono indicazioni sul diritto alla pensione anticipata al raggiungimento, entro il 31 dicembre 2022, di un’età anagrafica di almeno 64 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni.

La legge di bilancio 2022 (art. 1, co. 87, lett. a), L. n. 234/2021), nell’integrare la disciplina relativa alla pensione “quota 100” prevede che “i requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva di cui al primo periodo del presente comma sono determinati in 64 anni di età anagrafica e 38 anni di anzianità contributiva per i soggetti che maturano i requisiti nell’anno 2022. Il diritto conseguito entro il 31 dicembre 2022 può essere esercitato anche successivamente alla predetta data, ferme restando le disposizioni del presente articolo”.
Pertanto, gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima gestite dall’INPS, nonché alla Gestione separata, maturano il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento, entro il 31 dicembre 2022, di un’età anagrafica di almeno 64 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni.
Il diritto alla pensione anticipata maturato entro il 31 dicembre 2022 può essere fatto valere anche successivamente a tale data, ai fini del conseguimento della pensione, fermo restando il decorso del tempo previsto per l’apertura della c.d. finestra. Il requisito anagrafico di 64 anni non è adeguato agli incrementi alla speranza di vita.
Le disposizioni della legge di bilancio in esame coordinano la previgente disciplina della pensione “quota 100”, applicabile alla pensione anticipata introdotta dalla disposizione in oggetto, ai nuovi requisiti pensionistici da maturare entro l’anno 2022, con particolare riferimento:
– alla facoltà di cumulare, tutti e per intero, i periodi assicurativi versati o accreditati presso due o più forme di assicurazione obbligatoria, gestite dall’INPS;
– al divieto di cumulo con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli da lavoro autonomo occasionale nel limite dei 5.000 euro lordi annui;
– alla disciplina della decorrenza della pensione anticipata per i lavoratori dipendenti delle pubbliche Amministrazioni;
– all’applicabilità, per il personale del comparto Scuola e AFAM (Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica), delle disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Si applica ai soggetti che maturano 38 anni di anzianità contributiva dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, il trattamento pensionistico decorre trascorsi i seguenti termini:
– tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti, per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro diversi dalle pubbliche Amministrazioni e i lavoratori autonomi. Pertanto, la decorrenza della pensione non può essere anteriore al 1° maggio 2022, laddove il trattamento pensionistico sia liquidato a carico di una Gestione diversa da quella esclusiva dell’AGO, ovvero, al 2 aprile 2022, ove il trattamento pensionistico sia liquidato a carico della Gestione esclusiva dell’AGO;
– sei mesi dalla maturazione dei requisiti, per i lavoratori dipendenti delle pubbliche Amministrazioni.
Dunque, la decorrenza della pensione non può essere anteriore al 2 luglio 2022, ove il trattamento pensionistico sia liquidato a carico della Gestione esclusiva dell’AGO, ovvero al 1° agosto 2022, ove il trattamento pensionistico sia liquidato a carico di una Gestione diversa da quella esclusiva dell’AGO.

Ai fini della maturazione del diritto a pensione, i periodi oggetto di riscatto sono considerati nella loro collocazione temporale, esplicando effetti giuridici come se fossero stati tempestivamente acquisiti alla posizione assicurativa dell’interessato.
Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo di almeno 38 anni, è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità, ove richiesto dalla Gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico.
I lavoratori che perfezionano i prescritti requisiti, nel periodo compreso tra il 2019 e il 2021, per la pensione “quota 100”, ovvero entro il 2022, per la pensione anticipata introdotta dalla disposizione in oggetto, possono conseguire il relativo trattamento pensionistico in qualsiasi momento, anche successivo alle predette date, al ricorrere delle condizioni previste.
La natura sperimentale della norma che ha introdotto la pensione “quota 100”, nonché i nuovi requisiti da perfezionare entro l’anno 2022 precludono la possibilità di maturare i prescritti requisiti al di fuori del relativo periodo di riferimento.
Resta salva la facoltà di avvalersi, oltre detto periodo, di istituti che consentono la maturazione degli stessi requisiti entro il predetto periodo di riferimento, a prescindere dalla data di presentazione della domanda di riscatto o il relativo pagamento, ai fini del conseguimento della pensione successivamente al suindicato periodo, ferme restando tuttavia le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici (Circolare Inps 8 marzo 2022, n. 38).

Servizi di demolizione nave: non imponibilità

Solo in presenza di tutti i requisiti sia sostanziali che procedurali è possibile emettere fattura in regime di non imponibilità (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 08 marzo 2022, n. 97)

Nella fattispecie esaminata dal Fisco  una srl in qualità di prestatore di servizi relativi alla demolizione delle navi di cui alla lett. a) del 1° comma dell’art. 8 bis del Decreto IVA riferisce di avere ricevuto incarico da una S.p.a. di effettuare lavorazioni connesse alla demolizione su una nave soggetta a sequestro da svariati anni che conseguentemente non ha effettuato nell’anno precedente alcun viaggio in alto mare.
Pertanto la S.p.a. non ha inviato telematicamente alcuna dichiarazione di alto mare di cui al comma 3, dell’articolo 8-bis del Decreto IVA, in quanto trattasi di nave destinata alla demolizione.
La demolizione è stata portata a termine dalla S.p.a.
A riguardo la srl chiede di sapere se possa fatturare l’operazione in regime di non imponibilità IVA ex articolo 8-bis del Decreto IVA.
Per l’Amministrazione finanziaria la Srl sembra essere un “fornitore indiretto” avendo ricevuto l’incarico di effettuate alcune lavorazioni dalla S.p.a.
In proposito, pertanto, ha precisato che il fornitore diretto deve trasmettere/comunicare gli estremi del protocollo della dichiarazione, rilasciato dall’Agenzia delle entrate, ai propri cedenti e prestatori (i. e. fornitori indiretti) che abbiano titolo ad applicare il regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis. Infatti, ciascun fornitore, diretto o indiretto, è tenuto ad indicare il protocollo della dichiarazione rilasciato dall’Agenzia delle entrate nelle fatture emesse.
In conclusione solo in presenza di tutti i requisiti  sia sostanziali che procedurali, sarà possibile emettere fattura in regime di non imponibilità ai sensi dell’articolo 8-bis.