Operai Agricoli Foggia: variata la tabella paga

Come previsto dal CIPL 9/8/2021 per gli operai agricoli e florovivaisti della provincia di Foggia, con decorrenza 1/1/2022 varia la retribuzione prevista per il livello 2 dell’area 3.a

Come previsto dall’accordo 9/8/2021, agli operai agricoli a tempo determinato della provincia di Foggia, inquadrati nel livello 2 dell’area 3.a, si applica con decorrenza 1/1/2022, l’aumento del 2% previsto per tutti gli altri livelli a decorrere dall’1/8/2021.
Pertanto la tabella paga per gli OTD di Foggia, dall’1/1/2022 è la seguente

Area

Livello

Salario contrattuale (a)

3 elemento (b) (a x 30,44%)

Salario lordo (c) (a + b)

Trattenute previdenziali (d) (c x 8,84%)

Trattenute contrattuali (e) (c x 0,55%)

Netto (f) (c – d – e)

TFR (g) (a x 8,63%)

1.a 1 68,21 20,76 88,97 7,86 0,49 80,62 5,89
2 65,16 19,83 84,99 7,51 0,47 77,01 5,62
3 62,68 19,08 81,76 7,23 0,45 74,08 5,41
2.a 1 59,33 18,06 77,39 6,84 0,43 70,13 5,12
2 53,15 16,18 69,33 6,13 0,38 62,82 4,59
3 48,18 14,67 62,85 5,56 0,35 56,95 4,16
3.a 1 43,20 13,15 56,35 4,98 0,31 51,06 3,73
2 (2022) 37,57 11,43 49,00 4,33 0,27 44,40 3,24

Inps: chiarimenti sul riscatto dei periodi di lavori discontinui, stagionali e temporanei

Si forniscono precisazioni sul riscatto dei periodi intercorrenti tra un rapporto di lavoro e l’altro nel caso di lavori discontinui, stagionali, temporanei.

Per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti e alle forme di essa sostitutive ed esclusive, che svolgono attività da lavoro dipendente in forma stagionale, temporanea o discontinua, i periodi intercorrenti successivi al 31 dicembre 1996, non coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa possono essere riscattati a domanda. Ai fini dell’esercizio di detta facoltà i soggetti interessati devono provare la regolare iscrizione nelle liste di collocamento e il permanere dello stato di disoccupazione per tutto il periodo per cui si chiede la copertura mediante riscatto (Messaggio Inps 28 febbraio 2022, n. 958).
Come chiarito dall’Inps, deve escludersi che possa fissarsi un limite all’esercizio del diritto di riscatto in ragione della protrazione, oltre una data durata, dell’inattività fra i tipi di rapporto di lavoro dipendenti richiamati dalla disposizione in esame. In altri termini, l’esercizio del diritto di riscatto, in quanto fattispecie legale tipica, non può essere assoggettato a condizioni ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge.
Detto principio vale sempre, qualsiasi sia la durata dell’inattività intercorrente fra i rapporti di lavoro dipendenti richiamati dalla norma in esame, sia nel caso in cui sia chiesta a riscatto l’inattività fra rapporti di lavoro dipendente in forma temporanea o discontinua, sia nel caso in cui il beneficio sia richiesto a copertura dell’inattività intercorrente fra lavori dipendenti stagionali di diversa natura ovvero di identica natura ( ad esempio intrattenuti a distanza di anni consecutivi l’uno dall’altro ) sia nel caso in cui il lavoro dipendente stagionale sia preceduto o succeduto da altro tipo di lavoro dipendente in forma temporanea o discontinua e viceversa.
Ciò premesso, con messaggio n. 30108/2007, l’Inps ha precisato che “solo nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro con contratto stagionale o a termine cui segua la ripresa dell’attività lavorativa ( sia in forma stagionale, saltuaria o discontinua che a tempo indeterminato) l’intervallo temporale tra le due prestazioni – non coperto da contribuzione e per il quale vi sia iscrizione al collocamento – può essere riscattato.” Detta previsione deve essere superata nella parte in cui permette il riscatto quando il periodo di inattività oggetto di domanda segua a un lavoro dipendente stagionale o a termine, ma preceda un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, in altre parole, quando cioè il periodo di inattività sia frapposto tra un lavoro dipendente stagionale, temporaneo, discontinuo e una ripresa dell’attività lavorativa dipendente a tempo indeterminato
Il periodo di inattività ammesso a riscatto è solo quello che intercorra fra rapporti di lavoro dipendente in forma stagionale, temporanea, discontinua.
Il nuovo orientamento deve valere, pertanto, per tutte le domande e i ricorsi amministrativi pendenti alla data di pubblicazione del presente messaggio.

I periodi intercorrenti ammessi a riscatto sono esclusivamente quelli successivi al 31 dicembre 1996. Il periodo intercorrente di inattività può iniziare anche da data antecedente al 31 dicembre 1996 ma il riscatto, in tal caso, dovrà essere concesso limitatamente alla parte di periodo intercorrente che si collochi successivamente al 31 dicembre 1996.

Chiarimenti sugli incentivi per la valorizzazione edilizia

Forniti chiarimenti sull’applicabilità delle agevolazioni ex art. 7 del DL n. 34 del 2019 per la rivendita di una delle unità immobiliari del fabbricato prima dell’avvio degli interventi di valorizzazione del fabbricato (Agenzia delle entrate – Risposta 04 marzo 2022, n. 94).

L’articolo 7 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 prevede che le imposte di registro, ipotecaria e catastale siano dovute nella misura fissa di euro 200 ciascuna ove ricorrano le seguenti condizioni:
– l’acquisto deve essere effettuato entro il 31 dicembre 2021 da imprese che svolgono attività di costruzione o ristrutturazione di edifici;
– l’acquisto deve avere come oggetto un ” intero fabbricato” indipendentemente dalla natura dello stesso.
Il soggetto che acquista l’intero fabbricato, inoltre, entro 10 anni dalla data di acquisto deve provvedere:
– alla demolizione e ricostruzione di un nuovo fabbricato anche con variazione volumetrica, ove consentito dalle normative urbanistiche ovvero,
– ad eseguire interventi di manutenzione straordinaria, interventi di restauro e risanamento conservativo o interventi di ristrutturazione edilizia individuati dall’articolo 3, comma 1, lettere b), c) e d) del d.P.R. n. 380 del 2001. In entrambi i casi (ricostruzione o ristrutturazione edilizia) il nuovo fabbricato deve risultare conforme alla normativa antisismica e deve conseguire una delle classi energetiche NZEB (“Near Zero Energy Building”), A o B;
– all’alienazione delle unità immobiliari il cui volume complessivo sia pari ad almeno il 75 per cento del volume dell’intero fabbricato.
Qualora non siano rispettate le condizioni sopra richiamate, in base alle quali è stata concessa l’agevolazione in sede di acquisto del fabbricato, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria con l’applicazione della sanzione del 30 per cento delle stesse imposte.
La Relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto legge n. 34 del 2019 indica che “con la norma acclusa, s’intende introdurre, in via temporanea sino al 31 dicembre 2021, un regime di tassazione agevolata, consistente nell’applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa (200 euro ciascuna, per un importo complessivo di 600 euro), ai trasferimenti di fabbricati, acquisiti da imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare che, entro i successivi 10 anni, provvedano alla loro demolizione e ricostruzione in chiave energetica e antisismica, anche con variazione volumetrica, e alla loro successiva vendita”.
Al riguardo, il riferimento contenuto nella relazione illustrativa al fatto che la vendita debba collocarsi cronologicamente in un momento successivo all’intervento di valorizzazione, fa il paio con il tenore letterale dell’articolo 7 del decreto legge n. 34 del 2019 laddove prevede l’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna “per i trasferimenti di interi fabbricati, a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare (.. ) che, entro i successivi dieci anni, provvedano alla demolizione e ricostruzione degli stessi (…) e procedano alla successiva alienazione degli stessi, anche se suddivisi in più unità immobiliari qualora l’alienazione riguardi almeno il 75per cento del volume del nuovo fabbricato (…)”.
Nel caso in esame di rivendita di una delle unità immobiliari del fabbricato prima dell’avvio degli interventi di valorizzazione del fabbricato, occorre tener conto della circostanza che l’atto di rivendita della singola unità immobiliare facente parte del fabbricato sarà accompagnato dalla stipula contestuale di un contratto di appalto tra l’acquirente e la Società che figura, pertanto, sia come venditore sia come appaltatore, per la realizzazione su tale unità immobiliare degli interventi di valorizzazione richiesti dalla menzionata disciplina agevolativa.
Da ciò deriva che la Società nella sua veste di appaltatore potrà portare a compimento in relazione alla unità che intende vendere l’impegno assunto il 29 gennaio 2021 in fase di acquisto dell’intero fabbricato.
Inoltre, in base all’articolo 9 del contratto di appalto inviato dall’interpellante in fase di integrazione documentale, risulta che “È fatto divieto all’Appaltatore, salvo autorizzazione scritta della Committente, di cedere o subappaltare il presente Contratto in tutto o in parte (…). In nessun altro caso l’Appaltatore potrà avvalersi di altre ditte per l’esecuzione delle Opere, rimanendo comunque obbligata in tal caso al pagamento dell’intero corrispettivo”.
Nel caso in esame, quindi, l’impegno assunto in fase di stipula del contratto di appalto si “salda” con quello assunto dal medesimo soggetto in fase di acquisto dell’intero fabbricato.
Assume, inoltre, rilevanza la circostanza riportata dall’interpellante in sede di integrazione documentale, per cui l’unità immobiliare che la Società intende alienare ha una superficie lorda di pavimento pari a 111,75 mq che corrisponde soltanto al 4,19% (111,75/2665,4) dell’intera superficie del fabbricato acquistato dalla medesima Società.
Tenuto conto che, nel caso prospettato, è garantito il rispetto della finalità sottesa alla normativa agevolativa, di consentire un processo di rigenerazione urbana tramite interventi di sostituzione edilizia, l’Agenzia ritiene che in seguito alla alienazione della singola unità immobiliare, la Società non incorrerà nella decadenza dalle agevolazioni di cui al richiamato articolo 7 del decreto legge n. 34 del 2019 fruite in sede di acquisto dell’intero fabbricato, sempre che siano rispettate le menzionate condizioni prescritte dalla disciplina agevolativa.

 

Cessione di contratto preliminare rilevante ai fini Iva

Costituiscono prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, le cessioni di contratto di ogni tipo e oggetto. Ciò comporta l’obbligo per il soggetto cedente di emettere la relativa fattura con addebito di imposta. In tal caso, l’imposta dovuta per la registrazione della cessione del contratto trova applicazione in misura fissa in virtù del principio di alternatività Iva/registro. (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 04 marzo 2022, n. 95)

Il contratto preliminare è l’accordo con il quale le parti si obbligano reciprocamente alla stipula di un successivo contratto definitivo, indicandone sin da subito i contenuti e gli aspetti essenziali.
Il contratto produce tra le parti effetti unicamente obbligatori e non reali, non essendo idoneo a trasferire la proprietà del bene o a determinare l’obbligo di corrispondere il prezzo pattuito.
Il contratto preliminare di compravendita deve essere registrato entro venti giorni dalla sua sottoscrizione ed è soggetto all’applicazione dell’imposta di registro nella misura fissa di euro 200.
Se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica l’aliquota dello 0,50%, invece, se prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all’imposta sul valore aggiunto si applica l’aliquota del 3%.
In entrambi i casi l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo.
Nel fattispecie esaminata dall’Amministrazione finanziaria il contratto preliminare di compravendita stipulato tra due soggetti è stato in seguito ceduto ad un terzo soggetto, con il consenso del promittente venditore, a fronte del pagamento della somma di euro 50.000.
Con riferimento a detta cessione, ai sensi dell’articolo 1406 del codice civile “ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi consenta”.
uindi, la cessione attua una successione a titolo particolare per atto tra vivi nel rapporto giuridico contrattuale, operando la sostituzione di un nuovo soggetto (cessionario) nella posizione giuridica, attiva o passiva, di uno degli originari contraenti (cedente).
Nel contratto preliminare con autorizzazione preventiva alla cessione, la sostituzione di un contraente con un altro soggetto avviene a titolo derivato e con effetto ex nunc, con conseguente frazionamento della fattispecie in due momenti giuridici diversi cui corrispondono differenti parti del contratto.
Il terzo soggetto, per effetto della cessione del contratto preliminare, “subentra” nella posizione del cedente e, quindi, anche nella clausola che ha previsto il versamento alla sottoscrizione del preliminare – già avvenuto – di una somma di euro 70.000 a titolo di caparra confirmatoria; la caparra, anche a seguito della cessione del contratto preliminare resta fissata nei confronti della promittente cedente nella medesima misura di euro 70.000 e con la medesima funzione.
Con riferimento alla natura giuridica della caparra confirmatoria, definita sotto il profilo civilistico dall’articolo 1385 del codice civile, diversamente dall’acconto, la stessa non rappresenta un anticipo del prezzo pattuito, rivestendo natura risarcitoria in caso di inadempimento contrattuale.
La stessa rappresenta, infatti, la liquidazione convenzionale anticipata del danno in caso di inadempimento di una delle parti.
In particolare, ai sensi del citato articolo del codice civile, se l’inadempimento è imputabile a colui che ha dato la caparra, la controparte può recedere dal contratto, trattenendo la caparra stessa, mentre se ad essere inadempiente è la parte che ha ricevuto la caparra, l’altra può recedere dal contratto esigendo il doppio della medesima.
La caparra muta la propria natura giuridica con la stipula del contratto definitivo, assumendosi quale acconto del prezzo di vendita del bene o del servizio, anche in considerazione del fatto che la dazione di una caparra confirmatoria presuppone la non contemporaneità tra la conclusione del contratto e la completa esecuzione del medesimo.
Alla luce di quanto sopra esposto, nella fattispecie rappresentata, si ritiene che il versamento di 50.000 euro non possa configurarsi come una restituzione parziale della “caparra confirmatoria” a suo tempo versata per euro 70.000, ma costituisca, in presenza dei requisiti soggettivo, oggettivo e territoriale previsti per l’applicazione del tributo, un corrispettivo rilevante ai fini Iva.
Al riguardo, la cessione di contratto, ai sensi dell’articolo 3, secondo comma, n. 5) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 è una prestazione di servizi rilevante ai fini Iva; detta disposizione prevede, infatti, che ” Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo: le cessioni di contratto di ogni tipo e oggetto”.
La Corte di Cassazione, con sentenza 5 ottobre 2005, n. 19399, ha precisato che “la cessione della posizione giuridica di contraenza relativa ad un contratto preliminare di compravendita è una specie delle «cessioni di contratti di ogni tipo e oggetto» che l’art. 3.2, n. 5, DPR 26 ottobre 1972, n. 633, considera prestazioni di servizio, se effettuate verso corrispettivo, le quali, ai sensi dell’art. 6.3.1 dello stesso atto normativo «si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo»”.
Ciò comporta l’obbligo per il soggetto cedente di emettere la relativa fattura con addebito di imposta.
In tal caso, l’imposta dovuta per la registrazione della cessione del contratto trova applicazione in misura fissa in virtù del principio di alternatività Iva/registro.

Nessuna natura “diretta” per l’IVIE e l’IVAFE

L’Agenzia delle Entrate con la risposta 03 marzo 2022, n. 93 ha chiarito che l’IVIE e l’IVAFE sono imposte che non hanno natura diretta e la relativa liquidazione avviene con la dichiarazione dei redditi.

L’imposta sul Valore degli Immobili situati all’Estero (IVIE) e l’imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero (IVAFE), sono imposte che mirano ad equiparare il trattamento fiscale relativo al possesso all’estero di immobili e attività di natura finanziaria da parte di soggetti residenti nel territorio dello Stato con quello previsto per gli immobili e le attività finanziarie detenute in Italia, per i quali si applica, rispettivamente, l’imposta municipale propria (IMU) e l’imposta di bollo.

Trattasi dunque di imposte che non hanno natura “diretta” ancorché la relativa liquidazione avviene attraverso la presentazione della dichiarazione dei redditi.

Ne consegue che nel caso di specie, nonostante l’istante fruisca di esenzione da qualsiasi forma di imposizione diretta dei redditi percepiti, avendo dimora abituale e sede dei propri affari ed interessi economici e sociali in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta, già a partire dal 2020, deve considerarsi fiscalmente residente in Italia e, pertanto, soggetto ad imposizione nel nostro Paese per tutti gli altri redditi non ricadenti nel regime di esenzione suddetto nonché in relazione all’obbligo di assolvere l’IVIE e l’IVAFE.

In tal caso è prevista la compilazione del quadro RW del modello dichiarazione Redditi Persone fisiche per gli investimenti e alle attività detenute all’estero al fine di assolvere agli adempimenti connessi all’IVIE e all’IVAFE.

Si ricorda che sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, fermo restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta.